MICROAREE PER NOMADI: ECCO COSA CI ASPETTA
Numeri alla mano il consigliere Galeazzo Bignami dimostra perché la nuova legge regionale non potrà mai essere efficace e non contribuirà all’integrazione di rom e sinti.
Di recente la Regione Emilia-Romagna ha approvato la legge per l’integrazione di rom e sinti individuando nelle microaree la soluzione a un problema annoso legato all’esistenza dei campi nomadi. Lei che idea ha al riguardo?
Quando è stata approvata la legge sulle microaree, le quali sono state prospettate come ‘panacea’ al problema di integrazione di rom e sinti, ci si è dimenticati di verificare la situazione già sperimentata nel modenese legata appunto alla realizzazione di alcune microaree che risale ormai al 2007. Otto anni dunque che avrebbero consentito di avere un quadro della situazione prima di andare ad approvare una legge che indicasse proprio nelle microaree la soluzione abitativa più adeguata per persone che, evidentemente, hanno poca voglia di integrarsi. Noi abbiamo chiesto alla Regione un quadro dettagliato proprio sulle microaree modenesi.
E cosa è emerso?
E’ emerso che le microaree nella zona di Carpi sono attualmente 16 e ospitano 74 famiglie pari a 273 persone. E’ già evidente la circostanza che il grande campo nomadi di via Baccelliera (che indubbiamente andava chiuso) è stato in realtà “frammentato” creando sedici aree, presumibilmente destinate a verde pubblico, sulle quali vivono queste famiglie.
Con quali risultati?
Il Comune di Carpi afferma che la concessione è legata al rispetto dell’obbligo scolastico per i minori (che sono in tutto 87): ma, a parte l’affermazione legata a un generico “monitoraggio”, non ci sono dati riguardo l’effettiva scolarizzazione dei ragazzi e il rispetto di tale obbligo. L’unico dato è che pochissimi di loro hanno raggiunto il diploma. Emerge la criticità del decoro delle aree per il quale – ammette il Comune di Carpi – “occorre ancora insistere”. Per quanto riguarda il pagamento delle utenze si parla di “gravi morosità” mentre anche sulla manutenzione delle aree si legge testualmente nella risposta della Regione che “esistono famiglie fragili” che non sono in grado di seguire la microarea e tutti gli obblighi che ne derivano.
Lei ha posto anche il tema della mancata tassazione delle “abitazioni” che sorgono su queste aree…
Le tipologie di abitazioni prevalenti sono: roulotte, carovane, container e casette prefabbricate. Non viene applicato nessun tipo di tassazione perché l’area è classificata come “F” cioè destinata a “servizi”. La mancata tassazione (Imu, Tari e Tasi) non responsabilizza queste famiglie che continuano dunque a vivere in una sorta di limbo giuridico: sono o non sono italiani? Sono o non sono chiamati a concorrere come tutti al bene comune e al mantenimento dei servizi sul territorio con il versamento delle tasse?
A quali conclusioni è giunto?
L’esperienza delle microaree modenesi, sperimentate ormai da otto anni, dimostra che la Regione si è dotata di una legge già superata che non ha portato benefici in termini di integrazione. Anzi, permangono moltissimi problemi. Problemi legati al sovraffollamento (perché nel frattempo nascono altri figli che si concentrano tutti nella piccola microarea), al proliferare di aree irregolari che poi aprono il capitolo della loro “regolarizzazione” o “sanatoria”: chi pagherà per aver violato la legge? E infine, dopo otto anni, scopriamo che solo ora il Comune sta vagliando la possibilità della corresponsione di un canone “così come accade per gli alloggi popolari”. E’ evidente che siamo molto lontani dalla logica “diritti e doveri uguali per tutti” e che per queste fasce di popolazione “i diritti” da tempo immemore superano “i doveri” spesso nemmeno presi in considerazione. Se per la Regione Emilia-Romagna questa è integrazione, e se questo è ciò che ci aspetta in altri Comuni, siamo davvero in alto mare. Con buona pace di chi paga tasse e contributi e non riesce ad arrivare a fine mese.